Recensione| Don’t Starve

Don't Starve Rece

Come ben sappiamo, l’industria videoludica è inciampata in un circolo vizioso fatto da generi ormai affermati sul mercato e prediletti dalla stragrande fetta dei videogamers. Uno di questi è sicuramente l’FPS, ormai genere cardine di quest’industria, ma nelle retrovie, adescati nell’oscurità più profonda, ci sono realtà assai diverse dalla massa di titoli copia incolla. Sicuramente un esempio è Minecraft, titolo ideato da Notch, dove la struttura del gameplay si dipana attraverso la sopravvivenza del giocatore e dal craft di utensili per la sopravvivenza. Negli ultimi anni, molti progetti con il concept simil-Minecraft sono arrivati maggiormente su Steam, visto la sua natura che si sposta verso gli Indie. Abbiamo visto DayZ, (Mod di Arma II, poi diventato un gioco a se stante) Seven Days to Die (Indie uscito qualche mese fa) Rust e altre decine di titoli con la stessa impostazione. Ognuno di questi titoli presenta un ambientazione diversa, ma non si discosta dai canoni del genere. DayZ ti trasporta all’interno di un città/paese sviluppata/o, dove la minaccia costante sono i morti viventi assai aggressivi. Seven Days to Die ha ripreso la scia ed anche in questa avventura si presenta il nemico Zombie. Per ultimo, Rust, (In Eraly Access dal mese scorso se non vado errato) ripropone una struttura molto più rude e incentrata sull’evoluzione della persona stessa. Si ha la sensazione di essere un Homo sapiens, almeno per me è stato così.

Tuttavia, ad arricchire l’offerta, Klei Entereinment, sviluppatori di Shank ed altre IP, ha portato su Steam un miscuglio davvero interessante.

Ce n’è voluto per costruire il fortino.

NON MORIRE DI FAME
Questa Software House, nata nel Giugno del 2005 a Vancour, Canada, ha seguito il successo del genere Survival e l’ha aggiunto ad un incipit tutto suo. Da queste premesse è nato Don’t Starve. Sicuramente molti non lo conosceranno, ma su PC non è passato in sordina. Uscito A Dicembre 2012 in versione Early Access, ha proposto un idea di survival niente male. Dopo mesi, dopo patch e DLC (gratis), codesto titolo è arrivato anche sulla console di nuova generazione di Sony, PS4. Dato in regalo agli utenti Plus a Gennaio, si è posto come nuovo apice di eccellenza in questo momento su entrambe le console Next Gen.
Don’t Starve si pone come un racconto tipico di Tim Burton. Il suo stile grafico è delizioso e spinge in modo radicale sullo stile dei vari: La sposa cadavere, Nightmare Before Christmas e tanto altro.
Dunque, uno comparto grafico così terso, cupo, deprimente e dannatamente congeniale con l’inicpit del titolo. Ovviamente, oltre il comparto grafico c’è la trama, come giusto che sia. Purtroppo, è abbastanza abbozzata e fa da pretesto per il gameplay, la parte migliore dell’intera produzione.
Come detto, la trama vede lo scienziato di nome Wilson alle prese con un esperimento. Tutte le prove, gli studi e il tempo, non bastano. Si riduce ad un fallimento finché in suo aiuto non arriva un entità che gli suggerisce di costruire una macchina che gli darà sapere. Wilson costruisce l’imponente congegno, ma viene incastrato. Aveva venduto l’anima ad un demone. Questo progetto si rivela un portale che lo trascina all’interno di un mondo oscuro e fantastico. Si ritroverà a vivere un avventura cupa e difficile. Dovrà mettere in gioco le sue doti per ritornare a casa.

Non fatelo a casa.

NON POSSO SOPRAVVIVERE, SE NON SO VIVERE.
Accennato prima, la trama fa da pretesto al gameplay, ed infatti lo si nota sin da subito. C’è un solo dialogo dopo essere stati trasportati nel mondo incantato/fatato/oscuro (come più vi piace chiamarlo) e lo si ha con Maxwell, il demone.
Ci suggerirà di sbrigarci nel trovare le risorse, la notte sta per calare. Dopo 4 battute, inizia il gioco. C’è da fare una premessa: Il titolo è un survival, dunque, se ci si sente spiazzati, è normale… fa parte del titolo. Infatti, durante l’avventura dovremo trovare modi per craftare gli oggetti. Non ci sarà dato un tutorial, ne indizi su dove trovare gli ingredienti per il craft. In poche parole, bisogna arrangiarsi. Siamo noi e il nostro inventario, niente di più. Dunque, bisognerà sbrigarsi ed avere le idee chiare sin dall’inizio. Non ci resta altro che recuperare materiale per farci un fuocherello e passare la notte, dopodiché, i giorni scorreranno e il tutto diverrà sempre più difficile e mortale, nel vero senso della parola.
Don’t Starve propone vari utensili per il craft, anzi, ce ne sono in grande abbondanza. Si va dal campfire, sino ad oggetti magici come un effige per risorgere dopo essere stati uccisi o un flauto che lascia cadere in un sonno profondo i mobs del mondo in cui siamo.
Ogni nemico lascerà risorse che vanno dal casuale al raro. Ad esempio, i bufali rilasceranno letame per concimare gli orti, mentre i maiali saranno un ottima risorsa, visto che nei loro villaggi c’è abbondanza di bacche e carote.
Quello che rende Don’t Starve davvero accattivante, è il suo ciclo delle stagioni: Si, avete capito bene. Verrà anche l’inverno, il periodo più insidioso dell’anno. In quel lasso di tempo non vi resterà che procacciare cibo e rimanere costantemente nelle vicinanze di un fuocherello, rischio morte per assideramento. Se siete partiti con: “Sarà facilissimo giocarci” vi state sbagliando. E’ un survival nudo e crudo. Non si farà problemi a mettervi davanti a sfide quasi insuperabili. Al giocatore l’abilità di sopravvivere, come giusto che sia.
Wilson è l’unico personaggio disponibile, almeno alla prima partita, poi man mano si sblocheranno nuovi survivor che cambieranno un po’ il gameplay. Non è nulla di trascendentale, ma da quel pizzico di varietà e di approccio in più.
In ogni titolo c’è sempre un interfaccia che fa da guida: Gli indicatori presenti all’interno del gioco non sono complessi. Prevede tre finestrelle: Salute, fame e sanità mentale. La salute è l’ormai classica energia che si esaurisce quando subiamo danni, la fame è dovuta alla mancanza di cibo, dunque, meglio procacciare tanto, e poi c’è la sanità mentale. Quando scaviamo fosse, passiamo in aree cupe, il nostro personaggio si sentirà a disagio e inizierà a vedere strane creature oscure. Per tenere sotto controllo tale indicatore, bisognerà raccogliere fiori e creare abiti che diano un minimo di felicità al nostro personaggio.

 

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Ovviamente ci sono anche le finestrelle per l’inventario e per il crafting: L’inventario si sviluppa in orizzontale (ci si muove con la levetta destra), mentre il crafting si sviluppa in verticale con le sezioni poste in orizzontale (Si apre con L2 e si naviga con la levetta sinistra). I comandi sono azzeccatissimi. Non danno alcun impiccio durante l’avventura.
Ogni survival che si rispetti non ha limitazione, quando si decede si rinasce, ma si perdono gli oggetti nel proprio inventario, almeno quelli portati con se, ma il mondo resta vivo e si ha una sorta di Respawn. In Don’t Starve non succede. Il titolo è provvisto di Permadeath. Cos’è il Permadeath? Molti non lo sanno, ma è riferito alla morte permanente del personaggio. Se il vostro alter ego muore, fine, caput… gioco finito. Non ci sarà il Respawn, ma bisognerà iniziare l’avventura sin dalle prime battute. Di conseguenza, raccogliere i primi materiali, poi passare la notte e conseguire nella sopravvivenza. Tutto quello che avete accumulato nella partita precedente, non vi verrà dato nella nuova. Dovrete iniziare la lunga scalata sin dal principio. C’è chi vede un malus in questo, ma non è proprio così. Il mondo di Don’t Starve viene creato in modo procedurale, dunque, ogni partita sarà diversa dalle altre. Se volete creare un mondo a vostro piacimento, potrete farlo. Quando iniziate una partita, vi è permesso settare dei parametri quali: Quantità di mobs, oggetti, bacche, carote, stagioni, sempre notte, sempre giorno e così via.
Ci sono tante possibilità, dunque si scongiura l’effetto già visto.

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VIVERE IN UN MONDO MORTO? NO, GRAZIE.
Ovviamente non può mancare il sonoro e in Don’t Starve fa il suo dovere. Le musiche, sempre Bartoniane, danno un senso di immersione elevato. Ogni azione nel gioco è contornata da un suono o un musichetta d’accompagnamento. Il tutto è studiato molto, ma molto bene. Anche solo la Main Theme è un qualcosa di fantastico.
Il mondo di gioco così cupo può sembrare morto, ma non è così. Non è epico correre verso un ape con un accetta in mano inneggiando “I kill you”? Tutto questo rende il mondo di gioco divertente e demenziale. Alberi giganti che ti perseguitano, lupi nel cuore della notte che distruggono il tuo accampamento, maiali geneticamente modificati, danno un tocco personale ad un opera che si aggiudica lo scettro di titolo migliore di Gennaio.

Questo è un richiamo verso quelle persone che non conoscono la realtà indipendente. Date fiducia a questi sviluppatori e loro vi daranno grandi giochi. Anche se si è piccoli, quello che conta è la passione e l’impegno profuso in un progetto del genere, che sicuramente, non sarebbe mai arrivato su console… se non grazie a Sony.

PRO
Longevità quasi sconfinata.
Gameplay fresco e divertente.
Non ci si stacca facilmente…

CONTRO
… se non si va incontro al Permadeth.
Prime fasi dell’avventura un po’ sottotono.
Dopo 20-30 partite si sentirà qualche accenno di ripetitività.

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